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LOGICA E COMUNICAZIONE

  • Immagine del redattore: Coffee Talks
    Coffee Talks
  • 27 lug 2021
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 1 nov 2021


Il digitale è una vera e propria sfida per la comunicazione tradizionale: richiede una maggiore comprensione degli strumenti e di come essi interagiscono con l’utente finale, vero destinatario del messaggio.

“Leggere” uno schermo è più impegnativo di una rivista: quasi sempre i device presentano dimensioni ridotte (smartphone, smartwatch, pc...) che proiettano luce verso i nostri occhi, spingendoci a uno sforzo ulteriore per la comprensione dei contenuti e del loro messaggio. Sono strumenti di cui usufruiamo principalmente quando siamo in viaggio, mentre svolgiamo altre mansioni o per riempire tempi morti tra un’attività e l’altra.

Inoltre, il dilagare di un calo generale dell’attenzione, porta il nostro cervello a scorrere i contenuti, focalizzandosi nella ricerca delle informazioni apparentemente più importanti.

Sorge, quindi, l’urgenza di una comunicazione intuitiva ed immediata, veloce ed esauriente.


Analizzare i messaggi e organizzare le informazioni in modo coeso e funzionale appare inevitabile.

E’ necessario seguire una logica ben definita, che sia in grado, attraverso consuetudini, comportamenti ripetuti e similitudini di fornire una cornice supportiva al messaggio da trasmettere. Dobbiamo costruire un’architettura delle informazioni chiara e lineare.


Con Architettura dell’Informazione (IA - Information Architecture) s’intende l'organizzazione logica e semantica dell'informazione all'interno di qualunque spazio informativo complesso, sia fisico sia digitale.
L'architettura dell'informazione riguarda il modo in cui informazioni, documenti, beni e servizi sono organizzati all'interno di spazi complessi per favorire il wayfinding ("orientamento"), la findability (lett. trovabilità dell'informazione), l'usabilità e la comprensibilità dell'informazione stessa.

(Louis Rosenfeld, Peter Morville e Jorge Arango, Information Architecture: For the Web and Beyond, 4ª ed., O'Reilly Media, 2015)


Anche se origina e trova manifestazione in svariati ambiti, mi piace considerare l’AI propria del mondo della Comunicazione (e nello specifico quella legata al mondo digitale!), perchè la scelta di mezzi e modalità per veicolare l’informazione influenzano notevolmente l’outcome desiderato.


Nel mondo non analogico, infatti, il modo in cui vengono presentate le comunicazioni assume un ruolo fondamentale, se non decisivo, per il successo di un prodotto o di un servizio. Non soltanto influisce sulla reperibilità delle informazioni all’interno di un sito web (Little IA) ma è estremamente decisiva nel miglioramento della user experience (UX) e dell’usabilità di app, device e altri strumenti (Big IA). L’obiettivo non è solo quello di aiutare le persone a trovare le informazioni, ma anche a gestirle e utilizzarle. (Wei Ding e Xia Lin, Information Architecture: The Design and Integration of Information Spaces, Morgan & Claypool, 2010).


NB: NON parleremo in questa sede di argomenti relativi alla scrittura di codice e ingegneria informatica


Chi si occupa di user experience deve prestare attenzione a come le informazioni vengono comunicate ed implementate all’interno di siti web e dispositivi. Determinante è la scelta delle parole (come decido di nominare un determinato tasto, menù o caratteristica all’interno di un sito web, applicazione?), il posizionamento (dove colloco l’informazione?), la presentazione (come la metto a disposizione del pubblico?).


Va da sè, quindi, che la cura del linguaggio utilizzato, risulta un passaggio obbligato.


Innanzitutto vi è la coerenza. La coerenza dei nomi scelti, il loro utilizzo non disordinato ma strutturalmente organizzato e logico (tra di loro e rispetto a tutto il sistema nel suo complesso), permette di scorrere con una certa fluidità da un’attività all’altra, da un termine ricercato alla sua collocazione all’interno dello strumento stesso. Ecco quindi adottare binomi conosciuti come ENTRATE/USCITE (e non, ad esempio, ENTRATE/SPESE) e assicurarsi che richiamando determinate operazioni, la loro denominazione non cambi. Ad esempio, se si seleziona la pagina “MAGAZZINO” e il titolo della schermata riporta, invece, “GIACENZE” nella mente dell’utilizzatore inizieranno a sorgere dubbi e confusione: siamo sicuri che sia quello che stavo cercando? Dove ho sbagliato? Come faccio ad arrivare alla pagina che desidero? Domande più che lecite e naturali, che porteranno ad un’unica conclusione: questo strumento non è adatto a me, non sono capace.

La coerenza è importante soprattutto nella comunicazione cross-device, per poter fornire un’esperienza univoca e tranquilla all’utente finale. Il compimento di determinate operazioni non deve essere pregiudicato dalla discordanza di comunicazione e terminologia adottata nei vari strumenti, creando confusione e frustrazione.


Vi è poi il linguaggio che deve essere esplicativo, ossia in grado di anticipare con efficacia il risultato che si cerca di ottenere.

Il contenuto non deve essere fuorviante o deludente: l’utente deve essere in grado di prevedere il risultato dell’azione richiesta: se imposto una voce di menù “FIORI”, mi aspetto di trovare notizie su calle e rose, foto di composizioni floreali… e non informazioni sul prezzo della verdura


Quanta delusione ci assale quando apriamo la vaschetta di gelato che c’è nel congelatore e ci troviamo il minestrone che la mamma ha messo via?


Tipica e diffusa conseguenza del mondo digitale è il coinvolgimento e la creazione di ambienti multilingua, dove la semplice conoscenza dei significati non è più sufficiente.

E’ mia convinzione che la traduzione fedele di comandi, azioni non sia per nulla soddisfacente. Innanzitutto la cultura propria di un determinato Paese può richiedere regole e comportamenti non in armonia con le consuetudini di altre zone (basti, qui, pensare, ad esempio, alla forma di cortesia e come essa sia obbligatoria in alcuni mondi per garantire rispetto ed educazione, ma che rischia di risultare troppo formale e distaccata in altre). Esistono poi reali problemi di spazio fisico: soprattutto per quanto riguarda App e siti web, ciò che viene espresso con una semplice o breve parola in una lingua, può risultare una vera sfida se tradotto (il concetto è inesistente o la parola troppo lunga). In questo caso è doveroso rivedere layout e vocabolario.

Impuntarsi su una traduzione fedele può crearci molti problemi: meglio concentrarsi sull’azione sottintesa che sul singolo termine. Infatti, non tutti i linguaggi hanno le stesse espressioni o corrispondenti vocaboli, ma sicuramente possiamo trovare una maniera più consona per leggere l’azione nel modo più corretto, in grado di fornire all’utente una chiara comunicazione dell’effetto prodotto.


Infine vi è la pulitura di termini e concetti per renderli più appropriati e significativi per l’utenza.

Chi si occupa di user experience e comunicazione per app e software sa benissimo che molte volte i comandi vengono scritti dagli sviluppatori con un imprinting abbastanza tecnico. Il loro scopo principale, infatti, è quello di ricordare agli sviluppatori il concetto o il processo richiamato.

Non è raro, quindi, dover fare un lavoro di pulitura e uniformazione per poter offrire all’utente un tool efficace. Il modo con cui vengono richieste determinate azioni o fornite spiegazioni sicuramente impatta sul percepito dell’utente in merito alla facilità di utilizzo del prodotto e, quindi, anche sul suo grado di utilità ed efficacia.


“Pulire” comandi e richieste, riformulare le informazioni secondo schemi più “comprensibili e significativi, avere una coerenza logica è un’arte che richiede una gran conoscenza del bacino d’utenza, del funzionamento dei prodotti, una comprensione vera delle logiche del prodotto per questo è fondamentale che anche la comunicazione all’interno dell’azienda funzioni.


Ma questo è ancora un altro tipo di comunicazione……



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