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L’IMPORTANZA DELL’AMBIENTE CIRCOSTANTE 1/2

Immagine del redattore: Coffee TalksCoffee Talks

Vi è una credenza diffusa per la quale per essere un buon lavoratore è necessario dedicarsi anima e corpo alla propria attività, magari facendo straordinari, senza giorni di ferie e pause. E' giusto pensare che un’attività destinata al successo richieda dedizione, impegno e alcuni sacrifici anche fuori dal normale orario di lavoro, ma non è solo questo che ne garantisce la riuscita. L’ambiente è un aspetto fondamentale del lavoro; se esso dovesse risultare stancante e stressante, non solo metterebbe a dura prova le proprie capacità, ma andrebbe inevitabilmente ad avere ripercussioni anche sul benessere psicofisico e sulla sfera sociale del lavoratore.


L’ambiente lavorativo è l’ambiente in cui si trascorre la maggior parte della giornata e...la causa sempre più diffusa di malesseri e malumori, con inevitabili ripercussioni anche sulla propria sfera affettivo-famigliare. Negli ultimi anni con l’aumento di una sfiducia generale diffusa in tutti i settori della nostra vita, l’aggravarsi della crisi economica e il conseguente svilupparsi della paura della perdita del posto di lavoro (e tutto ciò che ne deriva) lavorare è diventato sempre più spossante. Lo stesso rapporto con clienti e fornitori è minato da richieste sempre più pressanti che non fanno altro che colorare le trattative con malumori e tensioni: scadenze a brevissimo termine, guadagni rosicati e accessibili solo dopo un periodo medio-lungo...

Se oltre a ciò si aggiunge problemi privati, malattie o il fatto che la posizione lavorativa ricoperta spesso non consente di realizzarsi pienamente (si veda la Teoria della Piramide dei bisogni di Maslow - 1954) l’insoddisfazione personale si accentua notevolmente. (NB: tralasciamo qui il ruolo che la società e le istituzioni hanno in tutto questo!)


Nel mondo lavorativo di oggi ci si può trovare spesso di fronte a scenari che molte volte avremmo potuto evitare o, almeno, governare meglio. Sapere gestire lo stress e i rapporti interpersonali è al giorno d’oggi più importante che la capacità stessa di svolgere il proprio lavoro.

Di fatto, chi ha più dimestichezza con i rapporti umani, ha più possibilità di vivere bene il lavoro e mantenerlo, a discapito di chi ha una migliore conoscenza, capacità lavorativa o semplicemente s’impegna di più ma ha qualche carenza nelle relazioni.

Favorire la capacità di interazione e penalizzare la competenza tecnica gioca a sfavore per le imprese, che risentono così di mancanza di spirito innovativo e partecipazione. I dipendenti diventano dei numeri che lavorano giusto lo stretto necessario senza farsi coinvolgere ed essere partecipi dell’attività, non si sognano minimamente di portare nuove proposte e accettano con più difficoltà eventuali richieste da parte dell’azienda.


Penalizzare chi fa il proprio lavoro con accuratezza è controproducente: se una persona è competente e viene assunta per un determinato impiego, dovrebbe essere posta nelle condizioni di svolgerlo, senza doversi preoccupare della reazione dei colleghi. Eppure non è raro sentire quanto il peso dei “colleghi” orienti le scelte e condizioni la buona riuscita di un’attività.

Spesso si decide di rinunciare alle proprie idee in favore di un clima sereno e favorevole, per non creare attriti o dover discutere a lungo e giustificare le proprie idee e decisioni. Ma siamo sicuri che sia un beneficio per l'azienda? O lo facciamo per noi, per non esaurirci e non farci terra bruciata intorno?

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