AI: DEMONIO O BENEDIZIONE?
- Coffee Talks
- 28 feb 2023
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 5 mar 2023
La democratizzazione delle AI e la loro sempre più facile accessibilità (unita, ovviamente, ad una crescente precisione!) sta rivoluzionando in maniera significativa le nostre vite, private e lavorative. Per alcuni sono un demone oscuro, un qualcosa da evitare e debellare come la peste o qualsiasi altra terribile pandemia. Per altri, invece, è la rivoluzione che stavamo aspettando, un qualcosa di straordinario che ci può portare molto lontano.
Abbiamo già parlato di AI e di etica QUI, ricordando le parole di Stephen Hawking, preoccupato per il potenziale rischio che l'IA potrebbe rappresentare per l'umanità se non venisse sviluppata con cautela: "l'avvento dell'Intelligenza Artificiale potrebbe essere il peggiore o il miglior evento della storia dell'umanità. Non sappiamo ancora se la sua invenzione avrà conseguenze positive o negative, ma dobbiamo essere cauti."
Tuttavia, Hawking non era completamente contrario all'AI, riconoscendo la possibilità che l’AI possa portare a progressi significativi in molti campi, come la medicina, la scienza e l'ingegneria. Ha sottolineato l'importanza di sviluppare l'AI in modo responsabile, in modo da massimizzare i suoi benefici e minimizzare i rischi, per essere utilizzata per il bene dell'umanità, senza mettere a rischio la nostra sopravvivenza.

E, quindi, le AI sono un bene o un male?
Oggi ho letto questa frase “L’AI non ti porterà via il lavoro ma la persona che utilizza l’AI sì”.
Non si tratta in sé di AI si-AI no, ma, come diceva anche Hawking, come noi decidiamo di impiegare questo nuovo strumento.
Personalmente anche io facevo parte degli scettici, schifata da quanto dei dati potessero soppiantare la creatività, l’estro, l’unicità umana, la nostra stessa intelligenza... Ora sto capendo che in realtà, le AI, possono essere degli strumenti davvero preziosi sotto alcuni punti di vista. Io stessa ne ho sperimentato l'utilità per il copy o per la creazione d'immagini ad hoc.
Soprattutto nel campo della comunicazione e della scrittura, come in quello dell’arte, la AI possono aiutarci a trovare informazioni, risolvere dubbi, superare il “blocco dello scrittore”, darci degli spunti da cui partire... Perché è di questo che si tratta. Avere una base da cui partire per dipingere la nostra tela. Un po’ come quando da piccoli ci davano un disegno in bianco e nero, con dei settori numerati e noi dovevamo colorare il settore con il pastello indicato dal numero assegnato. Potevamo diventare Van Gogh in un a sera. Certo non saremmo mai stati in grado di dipingere la Notte stellata senza delle linee guida, ma ci siamo andati vicini. Sicuramente non siamo stati tutti perfettamente in grado di stare dentro i contorni, magari non avevamo neanche il colore giusto, ma abbiamo fatto un qualcosa di simile, che funzionava.
Ecco, le AI possono essere impiegate come tele guida, come delle indicazioni da cui ricamare poi la nostra tela personale, come quando si fa la pizza in casa e si compra la pasta già fatta dal panettiere e ci si limita a stenderla e guarnirla. Non possiamo considerarci cuochi, non possiamo affermare di essere dei veri pizzaioli napoletani, ma possiamo cibarci con una certa soddisfazione e orgoglio.
Gli artisti, i cuochi sono altri. Questo dobbiamo tenerlo ben a mente. Ma noi possiamo comunque fare un lavoro abbastanza pregevole. D’altronde: non tendiamo a osservare ed analizzare cosa fanno gli altri per imitarli o carpirne i vittoriosi segreti? Se un’azienda è prolifera sul mercato e ha un modello di business che la rende vincente, non cerchiamo anche noi di fare lo stesso? Se una star ha un taglio di capelli che le dona, non pensiamo che potrebbe star bene anche noi (pensate al fenomeno scaturito dal taglio di capelli di Jennifer Aniston in Friends: una tendenza)?
La società è fatta di imitazioni, ci sono addirittura nazioni che ne hanno fatto un impero. Pensiamo al lusso: c’è chi dice che anche i falsi portano mercato alle case di moda originali, aiutando a mantenere vivo lo status quo del marchio (il Premio Nobel Akerlof ha sostenuto che in alcuni casi la presenza di prodotti falsi sul mercato potrebbe essere vantaggiosa per il marchio originale, poiché potrebbe rafforzare la percezione della sua autenticità e aumentare il valore della sua reputazione. In altre parole, la presenza di falsi sul mercato potrebbe aumentare l'asimmetria delle informazioni tra i prodotti autentici e quelli contraffatti, facendo sì che i consumatori preferiscano il prodotto originale a quello falso - Teoria "dell'asimmetria delle informazioni").
Le AI possono affiancarci nel nostro lavoro: possono essere quell’assistente virtuale turistico che effettua il check in di notte per noi, e che poi, noi, la mattina, freschi e riposati dalla dormita, ci limitiamo a verificare che sia andato tutto per il meglio; sono le keyword e gli input per delle tecniche SEO efficaci, senza dover perdere ore in analisi e ricerche: dobbiamo solo controllare che sia corretto; sono i suggerimenti e gli allarmi che in programma ci segnala e che noi dobbiamo provvedere a verificare; sono quell’immagine che vorremmo per il nostro sito ma non siamo grafici e non abbiamo soldi per pagarne uno. Non sono perfetti, non sostituiscono il lavoro (un grafico in carne e ossa ha la sua creatività e nessuno gliela può toccare!), ma forse aiutano a eliminare la mediocrità, i lavori fatti con superficialità a favore dell’eccellenza, della qualità e ci permettono di tamponare laddove non riusciamo ad arrivare.
Può questo uso dell’AI regge nel lungo periodo?
Questo non lo so.
Rimane il fatto che se vogliamo distinguerci dalla massa, dobbiamo come sempre puntare proprio sulla nostra unicità, sulle nostre caratteristiche distintive e non essere una rozza copia di qualcun altro.
Le AI sono un buon potenziale di partenza, ma come ogni cosa dobbiamo anche saperla usare. E come già successo più volte in passato, si trasla il focus lavorativo verso altre competenze: non più la capacità di disegnare ma la capacità di chiedere alla macchina cosa disegnare. E, quindi, sapere scrivere un buon prompt per l’elaborazione è fondamentale per avere il risultato che vogliamo. Dobbiamo diventare bravi a sapere cosa vogliamo, a porre le domande giuste e ad utilizzare le parole corrette. Ci serve un po’ di allenamento.
In fin dei conti non è la prima volta che assistiamo all’evolversi dei mestieri, anche se, ammettiamolo, sta avvenendo tutto in modo troppo repentino e ci sentiamo inadeguati e non più in grado di stare al passo.
Le AI non sono totalmente un male, anzi: potrebbero anche creare nuove opportunità di lavoro (così come è successo anche per i computer), ma l'impatto sulle opportunità di lavoro dipenderà dalla capacità delle persone di adattarsi al cambiamento e di acquisire nuove competenze.
PS: chissà cosa direbbe Mina o Tiziano Ferro o Leonardo da Vinci o Bansky dell'uso delle AI nell'arte...
NB: (queste fonti sono state fornite da un AI)
Nel maggio del 2014, Hawking ha scritto un articolo sul The Huffington Post intitolato "La sfida dell'intelligenza artificiale", in cui ha espresso preoccupazione per i potenziali rischi dell'IA.
Nel dicembre del 2014, durante un'intervista con la BBC, Hawking ha affermato che l'IA potrebbe rappresentare una minaccia per l'umanità se non viene sviluppata con cautela.
Nel gennaio del 2015, Hawking ha partecipato al World Economic Forum a Davos, dove ha parlato dell'IA e ha chiesto un maggiore controllo sulla sua evoluzione.
Nel giugno del 2016, Hawking ha tenuto una conferenza alla Royal Society di Londra, in cui ha discusso degli impatti dell'IA sulla società e ha lanciato una campagna per sviluppare la ricerca sulla sicurezza dell'IA.
Nel novembre del 2017, poco prima della sua morte, Hawking ha partecipato alla Web Summit di Lisbona, dove ha affermato che l'IA potrebbe essere "il più grande evento nella storia dell'umanità" e ha ribadito l'importanza di sviluppare l'IA in modo responsabile.
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